Contributo di Gaby Pacheco
Quando: 1 gennaio 2010 – 1 maggio 2010
Dove: da Miami a Washington
Il 1° gennaio 2010, quattro leader della gioventù immigrata (Carlos Roa, Felipe Matos, Juan Rodriguez ed io) hanno intrapreso una cammino di oltre 2400 chilometri da Miami, in Florida, a Washington DC. L’obiettivo a lungo termine di questo difficile viaggio era dare un volto umano al dibattito sull’immigrazione e contrastare l’effetto della visione negativa degli immigrati dipinta dai media più popolari. L’obiettivo a breve termine, invece, era di fare pressione su Washington per modificare un sistema fallimentare che obbligava milioni di membri delle nostre comunità e famiglie senza documenti a rimanere nell’ombra.
Avevamo quattro richieste. La prima era per il presidente Obama, perché attuasse una manovra esecutiva per fermare le detenzioni e deportazioni degli studenti per due anni e interrompesse i procedimenti di espulsione per le persone con familiari stretti che sono cittadini statunitensi. La seconda era l’approvazione del DREAM Act (dall’inglese per “sviluppo, soccorso e istruzione dei minori stranieri”) che consentisse loro l’accesso all’istruzione superiore. Terzo, la protezione dei diritti dei lavoratori immigrati e, infine, l’adozione di una riforma dell’immigrazione giusta e umana.
Al centro del nostro Trail of Dreams, o “cammino dei sogni” c’era il desiderio di intensificare il nostro attivismo condividendo pubblicamente le nostre storie e lotte, al fine di ispirare altri a intraprendere azioni simili in tutti gli Stati Uniti. L’obiettivo era aprire i cuori e le menti al fine di generare un cambiamento politico divenuto imprescindibile. In quattro mesi abbiamo attraversato Florida, Georgia, Carolina del Sud, Carolina del Nord e Virginia, arrivando a Washington il 1 ° maggio. Ogni giorno camminavamo dai 25 ai 30 km. Ogni incontro era un’opportunità per condividere la nostra storia e per piantare un seme.
Con l’aiuto delle comunità che ci hanno ospitato, abbiamo organizzato eventi in cui si mangiava tutti insieme e invitato la gente a condividere le proprie storie e a organizzarsi e combattere per i propri sogni. Siamo stati accolti da congregazioni di varie fedi, tra cui i luterani, gli universalisti unitari, i metodisti uniti, i fedeli di Cristo, i cattolici, i battisti, ecc. Abbiamo parlato a folle di conservatori bianchi, condotto un evento congiunto con un gruppo di afro-americani in Georgia e, naturalmente, fatto riferimento a un’ampia base di latinoamericani, sia immigrati che cittadini statunitensi. La marcia non sarebbe stata possibile senza il supporto di un gruppo piccolo ma dedicato, che includeva un project manager, un coordinatore logistico, un autista e un coordinatore sul posto. La nostra organizzazione, Students Working for Equal Rights [studenti che chiedono la parità dei diritti], ha mobilitato team in loco lungo tutto il percorso per garantire la nostra sicurezza e il nostro benessere.
Abbiamo dovuto affrontare diverse difficoltà: la prima sono state le vesciche, i dolori muscolari e il trascorrere tante ore in cammino in uno degli inverni più freddi della storia recente. La seconda è stata la reazione dei gruppi di odio anti-immigrati, tra cui il Klu Klux Klan, che ha preso di mira la marcia con una contro-manifestazione, in un tentativo di intimidire i partecipanti risultato infruttuoso. Inoltre, tre di noi hanno affrontato il rischio costante di essere deportati, entrando in contatto diretto con le autorità federali per l’immigrazione.
Perché ha funzionato
Il nostro Trail of Dreams ha risvegliato un gigante dormiente, la gioventù immigrata, ispirandola a portare le proprie storie in strada. Ha spinto i giovani a condividere pubblicamente i loro sogni, compresi alcuni ragazzi dell’Illinois che hanno organizzato “azioni di coming-out” dichiarando “siamo senza documenti e senza paura”. In Arizona, cinque giovani immigrati hanno partecipato a un sit-in nell’ufficio del senatore John McCain, mentre in tutto il Paese sono state organizzate marce di solidarietà. La marcia ha attirato l’attenzione dei media locali e nazionali, con oltre 300 articoli in proposito e interviste ai partecipanti su diverse reti importanti. Il percorso ha spinto un’intera nazione di “sognatori” e alleati a combattere per l’approvazione del DREAM Act, che, sebbene non ancora diventato legge, resta a portata di mano.
La strategia chiave in azione
Creando una rete di sostegno nazionale e portando le nostre richieste sulla strada, siamo stati in grado di sfidare direttamente le politiche razziste e anti-immigrati. In qualità di giovani dichiaratamente senza documenti, con la legittimità di un vasto movimento alle spalle, abbiamo potuto incontrare sceriffi, agenti di polizia, agenti dell’immigrazione e altri funzionari senza essere arrestati o deportati. Abbiamo dimostrato che il potere del popolo è più forte di leggi disumane e di un sistema di immigrazione corrotto.
Principio chiave in azione
Chiunque ha le palle/ovaie di acciaio
Non c’è niente di più potente che lasciarsi guidare dal proprio cuore. Se avessimo ascoltato tutte le persone che ci hanno detto che questa marcia era un’idea “folle”, “suicida”, “priva di una vera organizzazione” o “impossibile”, non ci saremmo neanche mai messi in cammino. Non ci siamo fatti paralizzare dalla paura: sapevamo che, se avessimo aperto i nostri cuori alla comunità, la gente avrebbe ascoltato e risposto. Abbiamo seguito i nostri cuori e scatenato un movimento.
Allargare lo spettro dei propri potenziali alleati
Sebbene uno dei nostri obiettivi fosse ispirare la nostra comunità, un altro era raggiungere coloro che erano fuorviati dai media. Volevamo parlare con coloro che pensavano che il nostro posto non fosse qui. Volevamo condividere con loro le nostre storie e permettere loro di pensare con il proprio cervello. Dopo aver parlato con noi, molte persone schierate contro gli immigrati hanno cambiato idea.
Non abbiamo combattuto l’odio con l’odio, ma con l’amore. Quando un uomo ha detto a Felipe che era meno che umano perché non era altro che un “illegale”, Felipe gli ha risposto: “Dio ti benedica”. Quando un gruppo di giovani è venuto a ostacolare la nostra marcia con una grande bandiera confederata, abbiamo camminato con loro e condiviso le nostre storie fino a che non hanno piegato la bandiera e se ne sono andati. Quando, in Arizona, abbiamo incontrato Joe Arpaio, “lo sceriffo più duro d’America”, instancabile crociato contro le politiche liberali sull’immigrazione, l’ho abbracciato. Gli ho detto che era nostro fratello e che si era smarrito, che io e lui siamo uguali, e che i nostri “documenti” sono nel nostro sangue. Ho toccato il suo cuore con la mia mano destra e ho detto che speravo che sarebbe cambiato. Non ci ha arrestati, e quel giorno ci siamo confrontati da pari a pari.
Further Insights
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- Take leadership from the most impacted
- Create levels of participation
- Create online-offline synergy
- Think narratively
- Lead with sympathetic characters
- We are all leaders
- Do the media’s work for them
- Take risks, but take care
- Make new folks welcome
- Use the law, don’t be afraid of it
- Everyone has balls/ovaries of steel
- Shift the spectrum of allies
- Kill them with kindness
- Recapture the flag
Related Theories
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- Students Working for Equal Rights
Autore
Gaby Pacheco è un’americana senza documenti, leader per i diritti degli immigrati di Miami, in Florida. Nel 2010, lei e tre amici hanno camminato per più di 2400 km per portare alla luce la difficile situazione degli immigrati negli Stati Uniti e per spingere il presidente Obama a fermare le separazioni delle famiglie e le deportazioni dei giovani idonei al DREAM Act. La loro marcia è stata soprannominata Trail of DREAMs, letteralmente “cammino dei sogni”. Oggi Gaby conduce un progetto nazionale, Education not Deportation (END, letteralmente “fine”), per fermare la deportazione degli aventi diritto al DREAM Act. Inoltre, sta per pubblicare due libri per bambini e aspira a diventare una terapeuta musicale e a lavorare con persone con disabilità mentali.
Immagine
The Trail of Dreams, 2010.
