Pilastri di sostegno

Contribuito di Eric Stoner

In sintesi

Il potere non deriva solo dalla capacità di chi governa di usare la forza, ma dal consenso e dalla cooperazione dei governati, che possono ritirarli in modo volontario e non violento identificando, bersagliando e minando i “pilastri di sostegno” del governo, cioè le istituzioni e le organizzazioni che lo supportano.

Origini:

Gandhi, Gene Sharp, Robert Helvey

La saggezza tradizionale ci dice che il potere risiede nelle mani di chi sta al vertice e che, nel momento cruciale, “il potere politico nasce dalla canna del fucile”, come diceva Mao. Se così fosse, l’unico modo per sconfiggere un avversario violento sarebbe fare ricorso a una violenza ancora maggiore.

Alla radice delle azioni nonviolente, tuttavia, c’è una diversa comprensione della natura del potere, in grado di capovolgere questa saggezza convenzionale. In questo caso si postula che il potere dipenda in ultima analisi dalla cooperazione e dall’obbedienza di un gran numero di persone che agiscono attraverso le istituzioni che costituiscono lo Stato: in sostanza, i suoi pilastri di sostegno.

Alcuni di questi pilastri, come l’esercito, la polizia e i tribunali, sono di natura coercitiva, poiché costringono all’obbedienza attraverso la forza o la minaccia di ricorrervi, mentre altri, come i media, il sistema educativo e le istituzioni religiose, sostengono il sistema attraverso la propria influenza sulla cultura e l’opinione popolare. Anche il potere del leader più carismatico o spietato, quindi, dipende dal sostegno delle istituzioni chiave, che a loro volta sono vulnerabili all’azione popolare o al ritiro del consenso da parte della popolazione.

Se il popolo decide che non è più disposto ad accettare lo status quo e inizia a fare resistenza, l’equilibrio di potere cambia. Quando per esempio milioni di americani hanno aderito al boicottaggio nazionale dell’uva, durato cinque anni e organizzato da Cesar Chavez per migliorare le condizioni retributive e di lavoro dei braccianti agricoli sfruttati; quando nel 1999 decine di migliaia di attivisti sono riusciti a impedire la riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio a Seattle, bloccando le strade e gli ingressi al centro congressi; quando migliaia di soldati statunitensi si rifiutano di schierarsi o essere dispiegati nelle guerre in Iraq o in Afghanistan, il potere dei potenti è limitato e, in situazioni estreme, può disintegrarsi completamente.

Per gli attivisti, la lezione fondamentale da trarre da questo concetto è imparare a identificare i pilastri di sostegno di un obiettivo di potere, determinare quali possono essere minati e come (vedere PRINCIPIO: Allargare lo spettro dei propri potenziali alleati), e poi iniziare a lavorare per conquistarli, o almeno neutralizzarli, in modo da sgretolare le fondamenta che sostengono il bersaglio designato.

In ultima analisi, il potere non si trova nella morsa di presidenti, generali e miliardari, ma nelle mani di milioni di persone qualunque che mandano avanti la società quotidianamente e che possono fermare tutto, se solo lo desiderano. Questo è il significato dello slogan “potere al popolo”. Uno dei motivi principali per cui continuano a verificarsi tante ingiustizie non è che i potenti possono fare ciò che vogliono impunemente, ma che la maggior parte della gente ignora il potere che può esercitare ritirando il proprio consenso (vedere TATTICA: Sciopero generale).

Questa visione del potere è stata ripetutamente rivendicata negli ultimi decenni, poiché numerosi dittatori e regimi repressivi sono stati rovesciati da persone disarmate con un uso minimo della violenza, ma con molto coraggio e creatività. La riuscita di queste lotte nonviolente semplicemente non può essere spiegata da qualcuno che vede la violenza come l’unico, o perlomeno il principale, meccanismo di potere.

Further Insights

  • Helvey, Robert. On Strategic Nonviolent Conflict: Thinking about the Fundamentals. Boston: Albert Einstein Institution, 2004.
  • Sharp, Gene. Waging Nonviolent Struggle: Twentieth-Century Practice and Twenty-First-Century Potential. Boston: Porter Sargent, 2005.

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Autore

Eric Stoner è professore a contratto presso il St. Peter’s College e redattore di Waging Nonviolence, un blog che copre le azioni nonviolente in tutto il mondo. I suoi articoli sono apparsi su The Guardian, Mother Jones, The Nation, Sojourners, In These Times e Pittsburgh Post-Gazette, tra le altre pubblicazioni. È membro del consiglio nazionale della War Resisters League.

Immagine

Cesar Chavez alla guida di una protesta in un supermercato per boicottare l’uva. La revoca del consenso attraverso tattiche come il boicottaggio di United Farm Workers può rivelarsi estremamente efficace nel fare pressione sui detentori del potere.

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