Contributo di Nathan Schneider
“Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.”
Martin Luther King, Jr.
In sintesi
L’azione nonviolenta è più efficace quando rimanete nonviolenti.
È incredibile pensare che masse disarmate di persone abbiano sconfitto forze armate fino ai denti usando tecniche semplici come scioperi, occupazioni, boicottaggi e sit-in. Uno dei motivi per cui questo si verifica è che i metodi nonviolenti mettono l’oppressore davanti al dilemma della decisione: abbattersi su un gruppo di resistenti disarmati oppure capitolare. La prima scelta potrebbe spostare l’opinione pubblica a favore dei protestanti e minare la legittimità su cui poggia il potere dell’oppressore. Se la resistenza continua, intensificare la repressione può diventare un boomerang, a tal punto che la polizia o l’esercito potrebbero rifiutarsi di partecipare. Alla fine il potere non può far altro che arrendersi.
Tuttavia questa logica di base viene meno non appena i resistenti cominciano a rispondere alla violenza con la violenza. Se l’avversario riesce a ritrarre i resistenti come una minaccia alla pace e all’ordine, sfugge al dilemma della decisione e riafferma la propria legittimità assumendo la parte del protettore, del custode, del pacificatore. A meno che non riusciate a procurarvi armi a sufficienza da uguagliare la potenza di fuoco dell’esercito, il vostro movimento è fregato.
La politologa Erica Chenoweth e il sociologo Kurt Schock hanno esaminato i dati dei movimenti di resistenza passati e hanno scoperto che avere un fianco armato riduce drasticamente la capacità di una rivolta di attirare una partecipazione diffusa. La maggior parte delle persone non ha interesse a immolarsi in uno scontro a fuoco, quindi resterà a casa. Invece di essere semplicemente uno dei rami di una “diversità di tattiche”, la violenza indisciplinata in un movimento tende a ridurre l’efficacia dei movimenti di massa nonviolenta, vedi TATTICA: Nonviolenza strategica. Ecco perché gli oppressori adorano infiltrare provocatori nei movimenti di resistenza, per spingerli alla violenza e poi screditarli.
Molte persone mantengono una disciplina nonviolenta per ragioni principalmente strategiche: lo fanno perché è efficace, piuttosto che per una questione di principio. In pratica, però, mantenere una disciplina nonviolenta di fronte alla provocazione può essere difficile se non lo considerate, almeno in parte, come un fine in sé. Per fortuna, quasi tutti aspirano a costruire una società il meno violenta possibile. Finché costruiremo i nostri movimenti come modelli del mondo che vorremmo vedere, la disciplina nonviolenta dovrebbe essere qualcosa di naturale.
La pratica di mantenere una disciplina nonviolenta non dovrebbe mai essere scambiata per passività o acquiescenza di fronte all’ingiustizia.
Insidie potenziali
Quando una determinata tattica nonviolenta non funziona, si è tentati di concludere che la nonviolenza ha fallito e che si può solo ricorrere alla violenza. Si tratta di una conclusione affrettata. Esiste un’enorme varietà di tattiche nonviolente – Gene Sharp ne ha notoriamente elencate 198, e solo per iniziare – che vanno da atti puramente simbolici ad azioni dirette progettate per interrompere il regolare funzionamento dei sistemi oppressivi. La soluzione non è una tattica sola adattabile a ogni situazione: quando una tattica nonviolenta non serve allo scopo, provatene un’altra, o più di una contemporaneamente!
Further Insights
- Erica Chenoweth and Maria Stephan, Why Civil Resistance Works (Columbia UP, 2011).
- Hardy Merriman, “The Trifecta of Civil Resistance: Unity, Planning, Discipline.”
Related Tactics
- Strategic nonviolence
- Blockade
- Mass street action
- Occupation
- Nonviolent search and seizure
- General strike
- Trek
- Eviction blockade
Related Principles
- Put your target in a decision dilemma
- Escalate strategically
- If protest is made illegal, make daily life a protest
- Take risks, but take care
- Make your actions both concrete and communicative
- Kill them with kindness
- The real action is your target’s reaction
Related Theories
- Pillars of support
- Hamoq and hamas
- Points of intervention
- Revolutionary nonviolence
- Expressive and instrumental actions
Related Case Studies
- The Salt March
- Battle in Seattle
- Wisconsin Capitol occupation
- Occupy Wall Street
- Justice for Janitors (D.C.)
- Reclaim the Streets
- Clandestine Insurgent Rebel Clown Army
- Tar sands action
- Brazil’s Free Fare Movement
Related Practitioners
- Jesus of Nazareth
- Gandhi
- Civil Rights Movement
- Otpor
- Greenpeace
- Ya Basta Association
Autore
Nathan Schneider è editor di Waging Nonviolence, un blog sul conflitto nonviolento e il militarismo, e di Killing the Buddha, una rivista letteraria online su religione e cultura. Ha scritto per Harper’s, The New York Times, The Nation, The Catholic Worker, The Boston Review, The Guardian, Religion Dispatches e altrove. Più di recente, ha seguito Occupy Wall Street fin dalle prime fasi di pianificazione e ora sta finendo di scrivere un libro per la University of California Press sulla ricerca, passata e presente, della prova dell’esistenza di Dio.
Immagine
Mantenendo una disciplina nonviolenta davanti ai cani poliziotto, questo dimostrante per i diritti civili a Birmingham, Alabama, mise il suo oppressore di fronte al dilemma della decisione; 3 maggio 1963.
