Giustizia ambientale

Contributo di Margaret Campbell

“In quanto persona di colore in America, ho il doppio delle probabilità di un bianco di vivere in un’area dove l’inquinamento atmosferico costituisce la più grave minaccia per la salute. Ho cinque volte più probabilità di vivere a pochi passi da una centrale elettrica o da un impianto chimico, il che nel mio caso è vero. Per fortuna ci sono persone come me che stanno lottando per soluzioni che non comprometteranno la vita delle comunità a basso reddito a breve termine e non distruggeranno tutti a lungo termine”. — Majora Carter

In sintesi

Se mostriamo i legami tra giustizia sociale e problematiche ambientali possiamo sfidare in maniera più efficace gli abusi di potere che colpiscono in modo sproporzionato le comunità indigene e altre comunità economicamente e politicamente svantaggiate.

Origini:

Hazel Johnson, dottor Benjamin Chavis, Charles Lee, Robert D. Bullard, l’auto-organizzazione delle comunità interessate.

Oggi negli Stati Uniti, la razza e la classe sociale sono gli indicatori più affidabili per individuare dove vengono scaricati i rifiuti creati dalla società industriale. Inevitabilmente, è stato dimostrato che si accumulano all’interno e intorno alle comunità povere e razzializzate. Il razzismo ambientale riguarda la tendenza di scaricare sulle comunità emarginate il peso delle problematiche ambientali. Il movimento per la giustizia ambientale è la risposta organizzata, cerca di porre rimedio all’iniqua distribuzione dei rifiuti sia attraverso lo sviluppo della comunità (consapevolezza ambientale) che con la legittimazione politica delle comunità povere e di colore (petizioni per lo sviluppo e l’applicazione di leggi e politiche ambientali).

Dopo che quattro ragazzine della comunità residenziale di Altgeld Gardens, zona sud di Chicago, morirono di cancro nei primi anni ’80, Hazel Johnson, residente storica e fondatrice di People for Community Recovery, saltò alle conclusioni: la loro comunità di 76 ettari ospitava oltre cinquanta discariche documentate e aveva anche la più alta incidenza di cancro in città. La sua organizzazione ha continuato a vincere molte battaglie di civiltà per la giustizia ambientale per conto della loro comunità prevalentemente povera, prevalentemente di colore, per iniziare poi a collaborare con altre associazioni in tutto il paese. Verso la metà degli anni ’90, il movimento per la giustizia ambientale aveva compiuto passi significativi nel diffondere queste problematiche, con organizzazioni come la Commissione per la giustizia razziale della chiesa unita di Cristo che organizzava numerosi atti di disobbedienza civile.

A livello globale, corporazioni potenti sono riuscite a diffondere la pratica dello sfruttamento di comunità politicamente vulnerabili. Come Lawrence Summers, Segretario del Tesoro sotto Clinton e direttore del Consiglio economico nazionale sotto Obama, dichiarò in un memorandum del 1991 mentre era impiegato presso la Banca Mondiale, “la logica economica dietro l’abbandono di un carico di rifiuti tossici nel paese con il salario minimo è incontrovertibile e dovremmo affrontarla… Ho sempre pensato che i paesi sottopopolati dell’Africa siano ampiamente sottoinquinati”. Un assistente di Summers in seguito sostenne che il memorandum doveva essere inteso con uno spirito sarcastico. Sarcasmo o no, la dichiarazione riflette con precisione il modo in cui i rifiuti vengono gestiti sotto il capitalismo.

Qui non solo è in azione il razzismo, ma anche un’etica diffusa e devastante che rifiuta la dedizione nei confronti dell’ambiente e nega l’umanità al novantanove per cento della popolazione mondiale, che viene trattato, se va bene, come risorsa da sfruttare, o come fattore completamente esterno ai calcoli economici se va male.

Non è un caso che il movimento per i diritti civili abbia innescato un processo che, negli ultimi decenni, è culminato in una vera e propria esplosione di attivismo ambientale. È a causa della forma insidiosa che il razzismo assume sotto lo sviluppo geografico del capitalismo che è stato permesso a uno stile di vita assolutamente insostenibile di evolvere fino al punto della catastrofe climatica globale. Solo affrontando come un unico problema le manifestazioni ambientali e quelle sociali della crisi possiamo sperare di sostituire questo sistema con qualcosa di più equo per tutti.

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  • Carter, Majora and Sustainable South Bronx
  • Jones, Van
  • Shiva, Vandana
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  • Tar Sands Action
  • Indigenous Environmental Network

Autore

Margaret Campbell è una libera professionista multidisciplinare, ma porta con sé lo spirito del giornalismo impegnato e una convinzione molto forte sulle capacità dell’arte pubblica di curare e unire. Ha avuto l’opportunità di giungere a una comprensione profonda della sua comunità di origine di Minneapolis / St. Paul e di lavorare intensamente sulla Riserva Terra Bianca degli Ojibwe nel Minnesota nordoccidentale con iniziative sui media e di giustizia ambientale. È una strenua sostenitrice e praticante in erba dell’approccio sinceramente divertente all’attivismo sostenuto in questo libro. Attualmente è bloccata da qualche parte tra Minneapolis e New York.

Immagine

La lotta per la giustizia ambientale è una lotta per la tua vita. Immagine di Wake Forest University.

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